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Alzati, credici...e gioca con me!

La straordi-storia di Francesca Larocca

“Ho sempre avuto un solo ed unico sogno:
quello di diventare una maestra
e lavorare con i più piccoli.
Oggi, dopo aver conseguito la certificazione,
insegno propedeutica musicale
a tanti bellissimi bambini.”

– Francesca Larocca

Famiglia, coraggio, bambini, musica, sogni, progetti, semplicità, determinazione, emozione.  

Queste le parole chiave che descrivono Francesca.

Ci siamo conosciute otto anni fa in Hewlett Packard e, per quattro anni, abbiamo fatto parte dello stesso gruppo di lavoro. 

Il primo ricordo di lei è impresso nella mia mente e posso racchiuderlo nell’immagine di un “vulcano in eruzione”. 

Abbiamo condiviso successi professionali e scelte importanti, abbiamo provato a rendere il nostro ufficio un posto allegro in cui lavorare, abbiamo fatto della relazione e della condivisione la nostra forza. 

Persone come Francesca dovrebbero far parte di diritto delle organizzazioni, perché sono Professionisti che “fanno un gran bene” all’umore e rendono le giornate estremamente colorate. 

Ho scelto di raccontare la straordi-storia di Francesca, perché credo che il tema della ludicità (per definizione la materia che studia il gioco, i suoi obiettivi, le sue possibilità di sviluppo e l’applicazione in diversi ambiti come l’educazione, la salute e la comunicazione) possa essere di interesse non solo per le famiglie, ma anche per le organizzazioni, le istituzioni e la società tutta.

Lascio la parola a te Francesca, raccontaci chi sei.  

Sono nata a Roma e vivo a Roma. Sono una mamma, una moglie, una figlia, una sorella, un’amica…ma anche un’impiegata di una multinazionale. Aldilà della mia principale attività professionale, sono animatrice, cantante, educatrice musicale, sostenitrice della Ludopedagogia e dei giochi didattici di gruppo per l’inclusione e la socializzazione, maestra del gioco e coordinatrice del dipartimento della prima infanzia presso la scuola di musica “School of Rock” di Ostia, dove sono anche docente di Musica per Bambini da 0 a 6 anni. Insegno la propedeutica musicale attraverso le linee pedagogiche dei musicisti Orff Schulwerk e E.E. Gordon.

“Non tutti sanno che…”: raccontami una cosa inedita di Francesca.

Non tutti sanno che mi diverto moltissimo a fare le imitazioni: la considero un’arte, che richiede grande osservazione del contesto. Quando ero piccola, mi divertivo osservare i passanti dal balcone di casa, vedere quello che facevano e guardare la loro camminata, alla ricerca di qualche particolarità e caratteristica da poter imitare. 

Crescendo, molti sono stati i “soggetti” delle mie imitazioni: professori, amici, colleghi, conoscenti. È bellissimo alla fine di ogni scenetta, veder ridere i tuoi amici a crepapelle.
Amo ridere e far sorridere gli altri: per me ridere è un “must” nella vita, sono sempre in cerca di sorrisi e donatrice convinta di sorrisi.  

C’è un’immagine che ti rappresenta e ti descrive?

“Tutti i grandi sono stati piccoli, 

ma pochi di essi se ne ricordano”

dal libro Il Piccolo Principe 

di Antoine De Saint-Exupéry

E allora, mi racconti del sogno che avevi quando eri più piccola? 

Ho sempre avuto un solo ed unico sogno da piccola: quello di diventare una maestra e lavorare con i bambini. Tra tutti i vari sogni vaganti che si hanno quando si è piccoli, questo è l’unico che non mi ha mai abbandonato ed è sempre lì, dentro di me, che pulsa forte.

Cosa ti ha impedito di realizzarlo?

Purtroppo, la mia passione e la mia determinazione non sono state sufficienti a convincere i miei genitori che la professione dell’insegnamento, fosse la scelta giusta per me. 

Quando ero adolescente, andavano di moda altri indirizzi scolastici: informatica, ragioneria e scuole tecniche che, facevano sperare in un futuro più stabile, che avrebbero garantito il “posto fisso”. 

Mio padre, che era un informatico, aveva paura della sofferenza che la precarietà mi avrebbe imposto; prima di avere una cattedra tutta mia, molto probabilmente mi avrebbero trasferito chissà in quale paesino d’Italia e questo, ha condizionato fortemente la mia scelta.

Ho sofferto molto nel frequentare una scuola che proprio non era fatta per me, ma ho sempre avuto il senso del dovere. Con grande fatica ho portato a termine il mio compito, sono arrivata alla maturità esausta, delusa e demotivata, convinta che forse… la strada giusta da percorrere, era quella di conquistare la mia indipendenza cercando un lavoro.

E la vita mi ha risposto con “un posto fisso”, dopo aver conseguito la maturità in ragioneria, a Milano. Ironia della sorte.  

Immagino che sentirsi le ali tarpate faccia soffrire: in quale fase della tua vita ti sei detta “non posso più soffocare il mio sogno, lo realizzerò!”

Sin dalla mia prima assunzione in una grande azienda di telecomunicazioni, ho sempre lavorato in grandi aziende dell’IT, ma la voglia di lavorare con i bambini è stata sempre viva dentro di me. Da quando sono diventata mamma, vivere con mio figlio, vederlo crescere e essere immersa nel suo mondo, ha fatto risvegliare il desiderio di lavorare con i bambini e mi ha portata a pensare che avrei potuto farcela a conciliare famiglia, lavoro e passione.  

Dovevo farcela! Ho smesso di sognare e basta, e mi sono detta: “cosa posso fare io per cambiare la mia vita e smettere di vivere l’insoddisfazione?” 

Ho deciso, nel mio tempo libero, di riprendere il lavoro che già conoscevo bene e che avevo praticato da ragazza, ossia l’animatrice di feste di compleanno di bambini. Ho frequentato un corso per diventare animatrice professionista, mi sono iscritta ad una scuola di canto e, la musica, mi ha donato il regalo più grande: la possibilità di cantare e di diventare un’educatrice musicale. Oggi, dopo aver conseguito la certificazione, insegno propedeutica musicale a tanti bellissimi bambini. 

Cosa stai facendo di concreto per dare struttura al sogno e trasformarlo in progetto?

Per prima cosa ci sto credendo fortemente! Sto dando molto di me stessa affinché il mio sogno possa continuare a trovare il giusto spazio nella mia vita. Ho investito in termini economici e di tempo appoggiata dalla mia famiglia (Danilo, mio marito e Simone mio figlio), ho frequentato dei corsi specifici, mi sono e certificata, ho costruito le giuste fondamenta per non improvvisare un mestiere.

A quarant’anni si può sognare ancora? 

Iniziare una professione a 40 anni non è la stessa cosa rispetto ai 20 anni. Se avessi iniziato molto tempo prima, oggi avrei un bagaglio di conoscenze e di esperienze differenti, avrei potuto scegliere di fare tante altre cose. Ma per fortuna, non sono partita proprio da zero: ho maturato un’esperienza pluriennale con i bambini e la musica ha sempre fatto parte della mia vita, pur avendo scelto di stare dietro le quinte e mai sul palco. Oggi, a 40 anni, sono molto più determinata, più sicura di me stessa ed ho sviluppato anche molta più pazienza nel lavorare duro per raggiungere i miei obiettivi: sono arrivata ad una completa consapevolezza di me e di ciò che voglio realmente.

Qual è il sogno di Francesca oggi?

Il mio sogno è quello di poter aprire un centro didattico che includa diverse discipline/corsi per bambini: uno spazio dove possano sentirsi liberi di creare, di esprimersi, di emozionarsi, di fare e di essere, divertendosi attraverso il gioco che, a mio avviso, non deve mai mancare loro. In questo “luogo” darei spazio anche e soprattutto ai genitori, le persone più importanti nella vita di un bambino che, spesso, hanno bisogno di sostegno. Genitori ed educatori possono fare un cammino insieme di educazione alla genitorialità, alla ludicità e alla felicità: se i genitori sono felici, lo sono anche i figli.

Il gioco è una delle principali modalità attraverso le quali i bambini apprendono: mi racconti come mai hai scelto di rivolgerti proprio al pubblico dei più piccoli?

Amo molto interagire con i bambini, li trovo straordinari in tutto ciò che fanno e che dicono: non hanno “peli sulla lingua”, ti raccontano tutto con straordinaria sincerità e spontaneità, sono belli anche quando ti dicono “no” senza porsi il problema di farti rimanere male. Hanno una maturità a volte superiore rispetto agli adulti. La loro purezza nel linguaggio, del vivere tra loro senza rancore, mi affascina e mi commuove allo stesso tempo. Con loro mi sento viva e mi diverto a viaggiare con loro, come Peter Pan, in “quell’isola che non c’è”.

“Tutto ciò che apprendiamo, lo apprendiamo nel gioco o attraverso il gioco…”, eppure raramente il gioco è considerato un’attività seria. Come si può scardinare lo stereotipo del “frivolo” generalmente attribuito al gioco e riconoscere invece gli elementi di valore?

Quello del gioco non è affatto un concetto frivolo: al contrario, è un fenomeno molto più profondo e complesso che molti esperti, psicologi, filosofi dal medioevo ad oggi, non hanno mai smesso di studiare. “Giocare è una necessità umana di base essenziale per il nostro benessere quanto il sonno. Quando non giochiamo abbastanza, la nostra mente o il nostro corpo lo nota” (cit. Stuart Brown). L’assenza di gioco può farci diventare rigidi, irritati, intrappolati dalla routine o vittime della vita.  

Diversi studiosi e ricercatori hanno espresso la loro opinione sul tema del gioco e, per approfondimenti, suggerisco di leggere i contributi di coloro che hanno contribuito alla mia formazione: alcuni di questi sono stati Donald Winnicott, Sigmund Freud, Jean Piaget e appunto Stuart Brown. 

Attraverso loro ho avuto conferma – ed ho anche sperimentato – quello in cui ho sempre creduto, ovvero che il gioco non è da considerarsi come un semplice passatempo: è invece, il modo pratico per acquisire la libertà di disporre di sé con confidenza e trovare una propria collocazione creativa nel mondo reale. Il gioco è importante ed essenziale non solo per i bambini, ma anche per noi adulti: questo molto spesso ce lo dimentichiamo. Attraverso il gioco possiamo agire sul benessere, sviluppare serenità, controllare la nostra salute, gestire lo stress, canalizzare i pensieri negativi e alleggerire il senso di stanchezza. 

Nel gioco si sviluppa la ‘sana competizione’ che, percepita nella maniera adeguata, è stimolante e costruttiva: quando secondo te c’è il rischio di trascendere? 

Partiamo dal presupposto che si tratta di un sentimento tipicamente adulto: i bambini non hanno chiaro il senso della competizione e, spesso, subiscono gli atteggiamenti, i comportamenti e i pensieri che provengono dal mondo dei grandi che fomentano e sviluppano comportamenti atti a compiacere genitori, parenti o insegnanti. Questo è facilmente verificabile durante le prestazioni sportive o a scuola con i voti. In tutti questi anni, sia come educatrice che come mamma, ho notato che i piccoli vengono stimolati ad essere super sportivi, grandi campioni, artisti, musicisti, numero uno in tutto, oggetto di pubblicità sui media e sui social: ma quanto questo appaga l’adulto e quanto invece fa bene al bambino? Molti genitori stimolano i propri figli a fare del loro meglio, paragonandoli ai loro compagni: credo che questo sia il più grande errore che un genitore possa commettere. Vivere la competizione in modo sano ci aiuta a migliorare e a performare meglio, sollecita la collaborazione e il confronto costruttivo. Non dovremmo mai ritrovarci ad usarla per nuocere o annullare gli altri creando un clima di invidia.

Il beneficio del gioco non è propedeutico solo alla costruzione dell’identità dei bambini, ma anche allo sviluppo della relazione familiare e sociale: si tende spesso a ‘delegare’ figure esterne a quelle familiari (animatori, ludoteche, ecc.) per portare avanti attività ludiche con i propri figli. Tu, cosa consiglieresti oggi a dei genitori iper occupati, iper distratti, iper stanchi? 

Mi verrebbe da rispondere semplicemente di non essere iper occupati, iper distratti ed iper stanchi con i propri figli, ma so perfettamente che essere genitori oggi è una sfida difficile. 

Sento ripetere spesso dai genitori “ah che bello, lo mollo lì, così ho finalmente tempo per me, così non lo sento per qualche ora…”: senza voler esprimere giudizi affrettati, sono sicura che questi genitori vogliono molto bene ai loro figli e sono semplicemente stanchi mentalmente, spesso soli e schiavi del tempo. 

Bisogna però assolutamente fermarsi, non ci sono altre soluzioni: dobbiamo decidere che genitori vogliamo essere e chiarire “cosa” vogliamo regalare ai nostri figli. Se scegliamo di regalare del tempo, dobbiamo fare in modo che sia un tempo di qualità che, come cita Lawrence J. Cohen nel suo libro “Gioca con me – L’educazione giocosa: un nuovo, entusiasmante modo di essere genitori” (che ho letto riletto molte volte negli anni ed è oramai la mia bibbia), “non si tratta semplicemente di spegnere la tv e dedicare un po’ di tempo a giocare con i bambini, si tratta piuttosto di adottare il gioco come modalità con cui relazionarsi con loro”. 

Il comportamento genitoriale influenza quello dei figli: nessuno ci insegna come fare, nessuno ci ha dato un libretto delle istruzioni da seguire. Fare il genitore è un lavoro arduo e complesso che dobbiamo costruire giorno dopo giorno insieme ai nostri figli. Possiamo sicuramente lavorare sulla consapevolezza, sull’apertura al confronto con altri genitori e con esperti della materia, alla scoperta di noi stessi. 

Saper giocare, sapersi rapportare con i più piccoli, parlare il loro linguaggio rimanendo adulti, è una competenza speciale: la eserciti in maniera differente quando ‘insegni propedeutica’ e quando rivesti il ruolo di ‘mamma’?

Mia madre diceva sempre: “con i figli degli altri è tutto più facile e semplice, vedrai con un figlio tuo sarà diverso”. 

Quando mi interfaccio con i miei allievi durante le lezioni di propedeutica musicale, loro sono lì per fare quello, io mi dedico a loro completamente e non ci sono distrazioni: il mio metodo, basato sulla libertà di espressione e senza imposizioni e costrizioni, prevede che io sia la loro insegnante, non la loro mamma. Abbiamo circa un’ora a disposizione e i bambini sanno perfettamente che la lezione finirà e che torneranno a casa. 

Con mio figlio Simone cerco sempre di essere sintonizzata con le sue frequenze, con il suo mondo.  Giochiamo insieme e con lui, un mio “NO” ha un peso diverso:  cerco di coinvolgerlo nelle attività e, come tutte le mamme, mi arrabbio. 

C’è una cosa però che per me rappresenta “must” sia con mio figlio, sia con i miei allievi: quando parlo e devo comunicare, scendo alla loro altezza (nel senso che mi chino sulle ginocchia) e cerco il loro sguardo. Questo attiva molto l’ascolto da parte del bambino e crea una connessione efficace con l’adulto. 

I bambini con cui oggi ti interfacci, saranno gli adulti di domani. Se questa intervista fosse letta da coloro che hanno un potere decisionale in ambito educativo, come riusciresti a convincere che l’arte del gioco dovrebbe essere una materia di studio obbligatoria a scuola?

Se la scuola continuerà a dare poco spazio all’arte e al divertimento, i bambini di oggi saranno gli adulti di domani travolti da una profonda tristezza.  

In Danimarca, l’empatia è diventata una materia scolastica: mi aspetto di veder inserita anche l’arte del gioco nel calendario scolastico. 

Per fortuna, ci sono scuole che coraggiosamente hanno scelto per le ore extrascolastiche,  attività creative come la musica, il gioco, la pittura, il teatro. Queste sono attività che permettono al bambino di crescere come individuo tirando fuori la propria personalità, gestendo la sfera emozionale, migliorare le relazioni interpersonali, approfondire la conoscenza, rinforzare l’autostima, esercitare una solidarietà attiva e positiva con il gruppo manifestando propri sentimenti e stati d’animo. 

Un grande artista e scrittore italiano Bruno Munari dice: “I bambini di oggi sono gli adulti di domani, aiutiamoli a crescere liberi da stereotipi, aiutiamoli a sviluppare tutti i sensi, aiutiamoli a diventare più sensibili. Un bambino creativo è un bambino più felice”. 

Io ci credo, fatelo anche voi! 

Quando penso a te, mi viene in mente una Tata allegra e divertente: perché non provi a creare un manifesto di regole per giocare con i bambini ed essere felici come famiglia? 

1. RIDERE, RIDERE, RIDERE 

La prima regola in assoluto per essere felici in famiglia. Fa bene alla salute, stimola le endorfine, aiuta a sentirsi bene, riduce gli ormoni dello stress nel corpo, permette di distendersi e a rilassarsi. 

2. GIOCARE 

Non bisogna mai smettere di giocare, neppure da adulti: il gioco apre tutte le porte per una relazione più sana e felice in famiglia. 

3. KEEP CALM 

Mantenere la calma ci aiuta a contrastare la rabbia, evita conflitti e ci porta a riflettere sulle nostre azioni, a comunicare in modo efficace e creare assolutamente un clima più disteso.

4. ASCOLTARE 

Non basta solo sentire. Ascoltare significa saper accogliere, mettere da parte il proprio punto di vista, immedesimarsi nell’altra persona, sviluppare empatia. 

5. AD OGNI PROBLEMA C’È SEMPRE UNA SOLUZIONE  

Per un clima familiare più sereno cerchiamo di essere più positivi e dire più spesso “non importa”, o “non è successo nulla”, o “vedrai si risolverà” oppure “lo faremo insieme”. Condividiamo messaggi di speranza ed evitiamo di attribuire ad un granello di sabbia il peso di una montagna. 

Ci consigli una canzone o una lettura che credi ti abbia aiutato nel tuo percorso di vita? 

La lettura significativa per il mio percorso professionale è stata senza ombra di dubbio “Gioca con me – L’educazione giocosa: un nuovo, entusiasmante modo di essere genitori” di Lawrence J. Cohen. L’autore suggerisce il modo in cui dirigere gli inevitabili momenti di crisi dei bambini, trovare un approccio più positivo attraverso il gioco, considerare i momenti di gioco con i figli come occasioni di auto-ricarica, ma quello che mi ha colpito di più è che consiglia di allargare l’esperienza anche ad altri genitori, così da trasformarla in un’opportunità di socializzazione anche per gli adulti (che poi è proprio quello in cui credo di più). 

Nel cd: “Pam Pam – Canto senza Parole” del Quartetto Gordon per piccolissimi, ho imparato canti melodici e ritmici senza parole per lo sviluppo musicale del bambino dai 0 anni in su, secondo la Music Learning Theory di Edwin E. Gordon. Ottimo supporto per gli adulti che potranno imparare alcuni semplici accompagnamenti ritmici o melodici per cantare con i bambini e condividere un momento ludico insieme ai più piccoli.  

Una frase made by Francesca Larocca per lasciare un messaggio a chi ti legge, liberamente…

Qualsiasi sia il tuo problema, chiediti sempre cosa puoi fare tu per trovare la soluzione e non aspettare che siano sempre gli altri a tenderti la mano per dartela.

Grazie Francesca.

Senza ombra di dubbio, affiderei a te tutti i bambini del mondo, con la certezza che crescerebbero “in sapienza, grazia” ed allegria.


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